Milano, magistrali e dottorati: 29 facoltà solo in inglese da ottobre

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Milano – Così ha deciso il Politecnico: più dell’80% dei corsi seguiti durante le lauree magistrali sarà in inglese, già dal prossimo anno accademico. E’ questo il risultato di anni di scontri tra il Senato accademico ed i professori universitari: per questo 2014 i “piani alti” avevano deciso che le lauree di secondo livello ed i dottorati si svolgessero unicamente in inglese. A questa scelta, ben 150 professori avevano fatto ricorso nel Tribunale Amministrativo Regionale, che li favorì ed annullò il provvedimento stabilito dal Senato Accademico.

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Questa scelta giuridica fu motivata con la considerazione di provvedimenti dell’ateneo in quanto “sproporzionati, perché comprimono le libertà costituzionalmente riconosciute di docenti e studenti”. In seguito a quanto stabilito dal Tar, l’università ha subito presentato il ricorso, per il quale si attende la sentenza dei giudici a novembre. Ciò potrebbe posticipare ulteriormente la realizzazione di quanto voluto fin dall’inizio dal rettore dell’ateneo, poiché l’anno accademico comincia già ad ottobre.

Tuttavia, sono stati poi i singoli corsi di studio a richiedere l’utilizzo dell’inglese come unica lingua, proponendo un’offerta formativa in lingua straniera. Queste proposte erano già state avanzate precedentemente per quanto riguarda altri insegnamenti, per cui il Senato Accademico non ha potuto altro che approvare ed ufficializzare queste volontà. Dunque, da che erano 17, le magistrali completamente in inglese diventeranno 29 (ma di questi 8 sono anche in italiano).

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Le specialistiche che, invece, sono rimaste solo in italiano sono: ingegneria della sicurezza nell’industria di processo, architettura delle costruzioni, design del prodotto per l’innovazione, design navale e nautico, design della comunicazione. In merito a ciò, il rettore del Politecnico, Giovanni Azzone, ha dichiarato di non voler interferire con la sentenza emessa dal Tar, né vincolare i singoli corsi di studio. “La nostra idea iniziale era diversa”, aggiunge, “perché avevamo previsto che dal prossimo anno accademico il cento per cento dei corsi potesse essere in lingua straniera”.

Infatti, il rettore aveva ideato un progetto d’internazionalizzazione del Politecnico per poter accogliere studenti stranieri: “Come strumento per attirarli avevamo scelto l’inglese”, conclude. Nonostante il rifiuto del Tar di favorire i provvedimenti presi dal rettore, i giudici hanno proposto una soluzione che garantirebbe a tutti la libertà di agire che spetta loro. Si tratterebbe di offrire per ogni corso di studi di secondo livello un insegnamento in doppia lingua, ma quest’ambiziosa prospettiva è attualmente impraticabile.

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Questo, perché bisognerebbe garantire nuovi posti di lavoro, strutture e tutto il necessario in modo da raddoppiare la portata ogni laurea, ma la spesa risulterebbe di gran lunga eccessiva rispetto alle possibilità delle casse universitarie. D’altro canto, come sottolineato dal Tribunale, non è neanche giusto, o almeno costituzionalmente riconosciuto, obbligare studenti e professori a cambiare radicalmente la propria esperienza universitaria.

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