Leopolda, Renzi: “Il posto fisso non esiste più. Art. 18? Si vuole mettere il gettone nell’iPhone”

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Matteo Renzi replica duramente, dal palco della Leopolda, alla manifestazione tenutasi a Roma e lancia un messaggio chiaro alla “vecchia classe dirigente”. Nel primo attacco contro i manifestanti ha affermato: “Il precariato non si combatte organizzando manifestazioni o convegni”. Poi, mentre definisce la sua idea di sinistra, dice che “chi si aggrappa all’articolo 18 è come se stesse cercando un buco per il gettone nell’iPhone”. Senza dire esplicitamente il nome, attacca anche Rosy Bindi: “Se uno si imbarazza perché se dopo 25 anni che è in Parlamento trova un altro che riesce a portare la gente a fare politica allora gli abbiamo fatto un favore”.

Non tarda ad arrivare la risposta del deputato Pd Alfredo D’Attore: “Non so se Renzi auspica una rottura. Ma se spera questo se lo tolga dalla testa. Noi rimarremo nel Pd per restituirgli la sua vocazione di grande partito della sinistra e per costruire un’alternativa nel Pd che possa affermarsi nel prossimo congresso”. A quest’ultimo si aggrega la Camusso che, da Torino, replica a duramente: “Il presidente del Consiglio non ha argomenti per contrastare le cose che abbiamo sostenuto ieri in termini di cambiamenti della delega del lavoro”.

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SALUTO A NAPOLITANO – Renzi invia anche “un grande affettuoso saluto” al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, atteso tra due giorni per la deposizione sulla presunta trattativa Stato-Mafia. Infine, spiega: “In Europa per me è una battaglia tutte le volte ma non perché mi metto a litigare sullo zero virgola. Nessuno in Europa è cosi stupido da impiccare un Paese ad una virgola ma c’è un atteggiamento, paradossalmente portato da alcuni italiani, per cui l’Italia non solo è un problema”.

Subito dopo il ministro Renzi, sul palco della Leopolda viene accolta il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani che, riferendosi al diverbio avuto ieri in diretta televisiva, ha detto: “Vi spiego perchè mi sono scaldata: ho visto una bella piazza, davvero, in cui si è parlato di lavoro, dignità, uguaglianza. Perché queste parole non possono essere anche qua? Perché non possiamo fare nostre queste parole? Al Pd è affidata la responsabilità enorme di cambiare le cose, ma bisogna cambiare anche la nostra mentalità, bisogna che questa diventi una missione collettiva, di tutti, non solo del Pd e di Matteo Renzi ma di un Paese intero. Ho grande rispetto per quella piazza ma evitiamo lo scherno e la politicizzazione, perchè è quello che stiamo facendo. Non ci sono due Pd”. Subito dopo è intervenuto il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini: “Ieri è nato il Pd, non si è spaccato. Noi stiamo discutendo di contenuti, per esempio dell’articolo 18 e non di correnti». E ancora: «Il Pd non può essere il solo il partito di chi ieri era in piazza. Lasciamoci alle spalle la vocazione minoritaria”.

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POLETTI: “JOBS ACT NON SI CAMBIA” – Intanto, fuori dalla Leopolda, si susseguono le proteste dei lavoratori: da una parte chi teme di non avere più una busta paga, dall’altra i ministri che parlano di posti di lavoro e contratti. Infine, il governo si fa avanti sul jobs act: “Il cuore della legge ovvero il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, è per noi il perno e resta assolutamente valido e con esso gli altri punti della legge delega che trovano conferma nelle risorse della finanziaria”, ha affermato il ministro Poletti.

MADIA: “DIRITTI A CHI NON NE HA” – Il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia, ospite a Sky Tg24, spiega: “Non ci sono riduzioni di tutele per chi oggi lavora con un contratto a tempo indeterminato. Il punto è dare tutele a tutte quelle generazioni, ormai non più solo di giovani che hanno strani contratti per fare lo stesso lavoro. Dico strani contratti perché sono i più diversi: dal lavoro ripartito al contratto a progetto alla finta partita Iva”.

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