Ebola, perchè chiudere i confini sarebbe un suicidio

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Il numero di contagiati dall’Ebola aumenta quotidianamente: si parla di 10mila infetti e 4877 morti secondo l’ultimo bollettino rilasciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le notizie di nuovi contagi rimbalzano da una parte all’altra del globo e tutti, oramai, ci stiamo chiedendo: perché non vengono definitivamente chiuse le frontiere ai viaggiatori provenienti dalla Liberia, dalla Guinea e dalla Sierra Leone?

La soluzione potrebbe essere quella di “confinare” gli abitanti dei paesi più colpiti, in modo da limitare la diffusione dell’Ebola? La risposta potrebbe essere ovvia, ma la conferma arriva da uno studio secondo il quale circa 3 persone con il virus potrebbero imbarcarsi su voli internazionali ogni mese con direzione Europa o, ancora peggio, paesi con sistemi sanitari precari. Ma, nonostante ciò, gli epidemiologi di tutto il mondo sono d’accordo su un punto cruciale: bloccare i voli in uscita ed in entrata nei paesi a rischio avrebbe delle conseguenze disastrose. I motivi sono abbastanza semplici.

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REAZIONI NON CONTROLLABILI – In primis le persone residenti nei paesi a rischio troverebbero sicuramente il modo di sposarsi in maniera diversa. Inoltre, una possibile sospensione dei voli internazionali provocherebbe panico tra i cittadini ed un sovraffollamento sui confini terrestri, dove il flusso di viaggiatori è più difficile da controllare rispetto a quanto possa avvenire in un aeroporto.

PRECEDENTI – Chiudere i confini terresti non gioverebbe, ed è la storia stessa a dircelo. Negli anni ’80, con l’espandersi dell’AIDS, vennero chiuse le frontiere ai sieropositivi ma questo non impedì la diffusione della malattia. Altro esempio sono le limitazioni sui voli successivi all’attentato dell’11 settembre 2001 che non fecero altro che rimandare l’influenza stagionale.

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POCHI AIUTI – Pochi voli implica una riduzione del personale sanitario che può recarsi nei paesi maggiormente a rischio, situazione resa già difficile vista la riduzione dei posti a sedere dal 50 all’85%.

ANCORA PIU’ “TERZO MONDO” – L’interruzione dei collegamenti aerei porterebbe degli effetti disastrosi anche sull’economia di tali paesi, già fortemente compromessa. Ciò implicherebbe la crescita di disordini sia dal punto di vista sociale che di ordine pubblico (essenziale per tentare di arginare l’espandersi dell’Ebola).

I fattori appena elencati porterebbero solo ad un peggioramento della situazione e, quindi, ad un allargamento dell’epidemia rendendola ancora più devastante e pericolosa. Tutto questo senza considerare cosa potrebbe comportare, dal punto di vista etico, l’isolamento di tre nazioni.

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EMIGRATI RICCHI – I confini di alcuni stati africani, nei pressi delle zone colpite dal virus, sono già stati chiusi ma la Liberia, la Sierra Leone e la Guinea non sono del tutto isolate: esistono altre “vie di fuga”. L’allargamento dell’epidemia sta spingendo i membri più influenti, dal punto di vista economico e politico, a fuggire.

PRINCIPALI CAUSE DI ESPANSIONE – Il virus Ebola rischia di varcare i confini dell’Africa anche sui voli di “prima classe”, e non tramite barconi, come ha ricordato il fondatore di Emergency Gino Strada. Caso concreto è quello di Thomas Duncan, l’uomo originario della Liberia giunto negli Usa quando già aveva contratto l’infezione, ma non aveva ancora manifestato i sintomi.

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COSA BISOGNA FARE – La conclusione è abbastanza ovvia: chiudere i confini dei paesi maggiormente colpiti è un suicidio. Bisogna, piuttosto, potenziare e rendere più accurati i controlli negli aeroporti. Secondo l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control, ndr), di 36mila viaggiatori in uscita nei primi due mesi di screening, ne sono stati fermati solamente 77 e solo perché manifestavano dei sintomi riconducibili alla febbre: di questi, per fortuna, nessuno è risultato positivo.

Altre persone contagiate, però, hanno raggiunto la propria destinazione portando l’Ebola in nuovi paesi. Per tale motivo, diverse compagnie stanno portando avanti uno studio con lo scopo di creare un test del sangue atto ad individuare il virus anche durante il periodo di incubazione. La brutta notizia è che non sarà pronto prima del prossimo anno.

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