Yury Revich, intervista al giovane talento della musica classica

Yury Revich“…E il violino scelse Revich” – Capelli chiari chiari, occhi scuri scuri: questo sembra essere l’unico contrasto di Yury Revich, giovane violinista russo. Per il resto, infatti, lui è pura e morbida armonia.

Non c’è nota del suo violino che non esca perfetta, sia per intensità, per tecnica o espressione. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del suo concerto milanese organizzato da LaVerdi all’Auditorium di Largo Mahler, e siamo rimasti sorpresi dalla sua elegante semplicità. Yury ha 24 anni ed è più di un talento  – eletto “Young artist of the year 2015” dagli International Classical Music Awards, ha vinto concorsi importanti e si è esibito in ambiti prestigiosi tra cui la Carnagie Hall di New York, La Scala di Milano, la Berliner Konzerthaus e a Tokio, Londra, Amburgo, oltre naturalmente a Vienna, città dove vive e coordina importanti iniziative in campo musicale. Eppure, guardandolo negli occhi, Yury manifesta un discreto imbarazzo nel sentirsi lodare le virtù: quasi a esserne inconsapevole.

La famiglia di Yury vanta ottimi violinisti, e proprio il padre Alexander è stato il suo primo insegnante. Leggendo la recente biografia di LangLang severamente costretto alla carriera pianistica dal padre musicista, e attingendo da mille storie analoghe di padri e figli, ovviamente non solo musicisti, e di professioni che devono forzatamente essere tramandate, abbiamo chiesto a Yury se ha sofferto, da bambino, qualche pressione. “Davvero nessuna”, ci ha risposto pacatamente. “Anzi: il mio bisnonno era violinista, mio nonno era violinista, mio padre pure, e so che proprio lui, quando sono nato, ha detto a mia madre che di violinisti nella nostra dinastia ce n’erano già abbastanza! Aveva quindi ipotizzato che, per guadagnarmi da vivere, io avrei potuto fare ben altro…”.

Allacciandoci a LangLang, abbiamo domandato a Yury cosa ne pensasse degli emergenti “musicisti estremi”, che propongono, e a volte rivisitano, la musica classica nell’ambito di veri e propri show, pensati per coinvolgere un pubblico più vasto.  “Artisti del calibro di Lang Lang o David Garrett sono un ottimo approccio alla musica classica. Poi, però, sarebbe opportuno che quel pubblico imparasse anche a non confondere i generi. Ad ogni modo, chi raggiunge un grande successo facendo veramente buona musica, e impegnandosi, non fa che meritare tutta la mia stima…”, ha replicato con tono sicuro, discostandosi da qualsiasi polemica.