Tragedie alla guida: smartphone la prima causa, ecco perché

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Campagna di sensibilizzazione russa

Spesso abbiamo la convinzione che le azioni automatiche non richiedano affatto energie o concentrazione. In realtà, l’attenzione è sempre coinvolta in qualsiasi tipo di comportamento, anche se in questi casi è meno richiesta. Perché, dunque, si pone così spesso e così gravemente l’accento sul divieto di distrazioni alla guida? Questa si è dimostrata un comportamento molto più influenzabile di quanto non si pensi, grazie studi recenti che hanno utilizzato la guida simulata come banco di lavoro. A prescindere dalle capacità del soggetto di mantenere coscientemente il controllo sul volante, l’elaborazione delle informazioni visive risponde a determinati processi che non è possibile controllare.

Nell’ultimo decennio diversi studiosi hanno effettuato ricerche sull’argomento, dalle quali il codice della strada ha attinto diverse norme per la sicurezza del guidatore e dei suoi passeggeri, tra i quali in particolare David L. Strayer, cognitivista dello Utah che ha pubblicato un primo studio nel 2001 e l’ultimo molto importante nel 2007. In particolare, in questa serie di ricerche è stato notato che, se l’attenzione visiva del guidatore viene distribuita tra la visuale del traffico e qualsiasi altro stimolo visivo che richieda una risposta verbale o manuale, la prestazione di guida è nettamente rallentata. Un esempio per eccellenza è l’uso degli smartphone: guardare il display del proprio telefono per poter digitare con un dito o anche a voce un comando è un elemento di disturbo spesso e volentieri sottovalutato perché “ci vuole un attimo” e “tengo l’altro occhio sulla strada”, ma che corrisponde con precisione al secondo compito appena descritto. Tuttavia, la stessa logica non vale per le conversazioni con i passeggeri ed infatti gli stessi studi effettuati sull’utilizzo dell’auricolare hanno rivelato che, invece, quest’apparecchio non influenza la prestazione di guida. Perché diversi risultati?

La spiegazione è radicata nel concetto di attenzione distribuita, già accennata. La guida e l’uso di apparecchi che necessitano l’attività del guardare richiedono l’utilizzo della percezione visiva, da ciò risulta chiara l’interferenza tra le due attività: l’elaborazione in serie delle informazioni acquisite impedisce che vi sia simultaneità nei due compiti. Dunque, ciò che accade nella mente del soggetto in questa situazione è “cecità inattentiva”, che è molto di più di una forma di disattenzione ed è stata verificata proprio approfondendo quanto accade con l’uso dei cellulari durante la guida. In pratica gli stimoli visivi, invece che essere recepiti ed ignorati come se si trattasse di una semplice distrazione, non sono affatto registrati dal cervello, questo definisce tale fenomeno come “cecità”.

Una conversazione in auto può non essere affatto di disturbo, oppure può esserlo: ciò dipende da quanto è complessa, ovvero da quanto è difficile il compito verbale associato alla guida. Infatti, l’attenzione distribuita presenza interferenza sia in caso di somiglianza delle attività osservate, come nel caso dell’uso degli smartphone che azzera la visuale del guidatore, che in caso di difficoltà significativa. Ciò significa in linea di massima che argomenti leggeri come pettegolezzi e racconti non distoglieranno granché chi si trova al volante dal suo compito, mentre discussioni che richiedono l’elaborazione complessa di risposte articolate tenderanno a rendere la guida meno fluida ed attenta.