Un ragazzo d’oro : Pupi Avati ed un film criticato (troppo)

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Un ragazzo d’ oro” è il nuovo film di Pupi Avati, uscito nelle sale il 18 Settembre. La pellicola segna il ritorno sul grande schermo di Pupi Avati dopo tre anni di lontananza dal cinema. Avati porta in scena la storia (una buona idea, originale) di un ragazzo, Davide Bias (Riccardo Scamarcio), lavoratore a Milano in ambito pubblicitario con il pallino della scrittura. Dopo la morte, a causa di un incidente d’ auto, del padre residente a Roma e per via di una situazione sentimentale ingarbugliata e di un lavoro che non lo appaga, Davide decide di trasferirsi almeno per un po’ a Roma.

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Nella Capitale, il protagonista conosce Ludovica (Sharon Stone), editrice, che lo invita a proseguire le intenzioni letterarie del padre, forse suicida al volante. Davide si trova con linfa nuova e contraddittoria a scrivere un romanzo che sfonderà in abito letterario quando ormai di se stesso non rimane traccia. Con un epilogo del quale non si vuole parlare per non rovinare il gusto di un film triste, se vogliamo, “Un ragazzo d’ oro” di Pupi Avati è quello che si può definire, oltre che triste, un film che ha la pretesa se non l’ ardore di essere prodotto che si astrae dal cinema contemporaneo, inteso come business. Questa è l’ idea di chi scrive a riguardo della storia e del tentativo di Pupi Avati di dirigere un lungometraggio che sia una storia originale e con un senso che vada al di là del banale e dell’ovvio.

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Differente è il giudizio a livello tecnico. I tre attori principali – Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi, Sharon Stone – chi per un motivo, chi per l’ altro, hanno grosse lacune a livello di interpretazione del ruolo assegnato loro. Riccardo Scamarcio in primis è protagonista in un ruolo complesso sotto tutti i punti di vista. Un ragazzo in cura che abusa di psicofarmaci e con una sensibilità spiccata è per certo un ruolo che non è simile a quello del bello di scena, al quale Scamarcio è avvezzo. Cristiana Capotondi nel ruolo di Silvia, fidanzata di Davide Bias, è parecchio piatta e senza capacità di entrare in empatia con un personaggio di poco spessore; vero è che questa caratteristica, oltre a non far parte delle peculiarità dell’ attrice, è anche un demerito di sceneggiatura e di caratterizzazione del ruolo. Sharon Stone, infine, “subisce” un doppiaggio pessimo. Senza concentrarsi solo su questo spiacevole aspetto, è vero anche che non è più una ventenne e che di bravura artistica aveva poco anche al tempo di grandi incassi ad Hollywood e pubblici maschili in delirio.

Per il resto il film è, anche se vogliamo, una storia raccontata a buon ritmo: gli avvenimenti riportati sono anche parecchi e centrati discretamente, con tutto che per via di una buona dose di complessità dei ruoli è forse una nota di merito che passa sotto l’ uscio. La colonna sonora è di Gualazzi e la musica di piano che si articola lenta per tutta la durata del film è solo parzialmente di buon gusto. Resta da menzionare che, in linea con la critica, si è voluto scrivere anche in modo abbastanza negativo su Avati e su “Un ragazzo d’oro” inteso come un lavoro non per forza di buona fattura. E’ anche vero, però, che l’ 1 Settembre 2014 il film è stato premiato al “Festival des Film du Monde di Montreal” (Canada) per la miglior sceneggiatura. E’ con questi presupposti che è possibile avere un’idea di massima sul contenuto di “Un ragazzo d’oro”, il nuovo film di Pupi Avati, che a livello di critica non sta ottenendo giudizi positivi, ma che per certo esce dai canoni spesso oltremodo prevedibili di tanti film.