Red Shoes: il corto di Bertolucci fa vergognare Roma

bertolucci

 

Roma – Strade dissestate, buche grandi come voragini, fastidiosi sampietrini: è questo il “miserabile” ritratto della nostra Capitale realizzato da una persona affetta da disabilità. Un’ immagine che ben poco valorizza Roma e gli “uomini di potere” che l’ amministrano, una fotografia ben più impietosa se a proporla è un disabile “illustre”, come il regista Bernardo Bertolucci. Il cineasta, Premio Oscar nel 1987 con “L’ ultimo Imperatore”, è da tempo costretto sulla sedia a rotelle e vive, come ogni altra persona nella sua condizione, il continuo disagio nel dover affrontare barriere architettoniche, manto stradale male asfaltato e, soprattutto, l’ indifferenza delle Istituzioni.

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La denuncia, il taglio documentaristico e il desiderio, mai sopito, di un cambiamento significativo sono ben riassunti nel corto di Bertolucci  “Red Shoes, presentato durante la Biennale di Venezia dello scorso anno, ma tornato in auge recentemente dopo che il filmato, della durata di poco più di un minuto e mezzo, è stato trasmesso dai più importanti TG nazionali  ed è diventato immediatamente virale in rete. Bertolucci svela che, lo scorso anno, anche un imbarazzato Ignazio Marino (attuale Primo Cittadino di Roma) aveva visionato il filmato: “Mi ha chiesto se conoscessi chi si occupa delle manutenzioni dei sampietrini, poi è andato via e non si è fatto più sentire“, ha ammesso amareggiato il regista di “Ultimo tango a Parigi”.

Pochi frame, introdotti dal rumore quasi assordante di una carrozzina che si destreggia per le strade della metropoli capitolina, coperte immediatamente da un classico della musica francese, “Je chante, je chante…” di Charles Trenet, anno 1937. Immancabile l’ inquadratura alle scarpette rosse “fiammanti” del filmaker, che danno il titolo al cortometraggio di Bernardo Bertolucci. Di poetico, però, c’è ben poco. ” Lo scorso anno a Venezia il tema dei supercorti era dove va la cultura – racconta il regista – e io ho voluto ricordare che la cultura finisce tra i sampietrini abbandonati di Trastevere, vergognosamente dissestati, che non si ricordano più di niente”. Bertolucci non ha peli sulla lingua e non lesina nemmeno di raccontare tutti i soprusi, umiliazioni e negazioni dei quali è stato vittima, in quanto disabile. “Io amavo andare a piazza Farnese a leggere i giornali di mattina – spiega Bernardo Bertolucci – non lo faccio più da quando hanno messo una catena antimotorini a Ponte Sisto: nessuno ha le chiavi e quelle catene sono il simbolo della libertà negata“.

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La “figuraccia”, mai come in questo caso, è bipartisan, come dimostra un altro spiacevole episodio che ha visto protagonista sempre Bertolucci, quando Sindaco di Roma era Gianni Alemanno. In occasione del matrimonio del collega Mario Martone, il cineasta trovò non poche difficoltà a festeggiare il giorno più bello del suo amico. “Ero anch’ io sulla Piazza del Campidoglio in una giornata di freddo”, illustra Bertolucci. “Dopo la cerimonia dovevamo andare sulla terrazza Caffarelli. E lì si scopre che non c’ erano rampe di accesso per disabili”. Inutile sottolineare l’ impreparazione della città ad un “imprevisto” del genere. “Intervengono due inservienti, mi caricano di peso come un sacco di patate e mi portano su”, continua Bertolucci. “Non avevo mai subito un’ umiliazione simile“. La cosa che però ferì maggiormente l’ uomo Bernardo Bertolucci fu la risposta di Alemanno: “Ma cosa crede, Bertolucci, che noi roviniamo una delle più belle piazze del mondo per mettere una pedana per disabili?”. Oltre al danno, la beffa, insomma.

La domanda che i fan del regista e tutte le persone affette da disabilità si pongono ora, è: cosa faranno Marino e la Giunta del Comune di Roma per ovviare a questa chiara e vergognosa mancanza? Del resto, come sottolineato da Bertolucci, la Capitale non è mai stata a misura di invalido: “Amo Roma: è la più bella, la più struggente città, ma la qualità della vita è peggiore. Parlo di me – continua Bertolucci – parlo di tanti come me che vivono in carrozzina. Ma parlo anche di quelle mamme con i bimbi piccoli in braccio costrette a camminare su strade ridotte a vulcani senza speranza, di chi si appoggia ad un bastone, di chi si avventura nelle notti di Trastevere con un tacco 15. Questa è una città segnata come unfriendly per i portatori di handicap – conclude amareggiato il cineasta – lo sanno tutti, tranne il Comune”. Touchè.