Bullismo a Bollate, l’esperto: “Padri assenti, aggressività tollerata”

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Milano – Torniamo a parlare dell’allucinante episodio di bullismo di Bollate (la notizia e gli ultimi aggiornamenti per chi di voi non ne fosse al corrente), per cercare di capire come e con quali motivazioni i giovani italiani stanno percorrendo una direzione sempre più drastica, soprattutto i minorenni. Risponderà ai vostri dubbi il professore di Estetica dell’Università Statale di Milano, Stefano Zecchi, che ha pubblicato appena due anni fa un libro dedicato alla figura paterna nella vita dei figli. Il primo dettaglio che il professor Zecchi, durante la sua analisi sul caso di Bollate, ha fatto notare del famoso video è l‘aspetto della bulla e della sua vittima, che hanno solo 15 anni: i loro abiti sono in ottime condizioni, così come l’aspetto fisico appare curato. Tutti questi elementi, che oggi sono facilmente dati per scontati, indicano la provenienza delle due ragazze da famiglie quanto meno benestanti: questo dato è importante, perché esclude quello che una volta era il principale movente di atti di bullismo, ovvero l’estrazione sociale, oltre alle differenze di razza; in questo caso, tuttavia, la disparità sociale tra le due è inesistente, almeno all’apparenza, e la stessa bulla ha confermato di aver picchiato violentemente la coetanea per gelosia: la vittima le aveva “rubato” il fidanzatino.

Il problema, alla luce di quest’ultima dichiarazione, sorge lampante: quale movente ha portato la bulla, sottolineando ancora una volta la sua giovanissima età, a reagire in modo tanto drastico? Questo tipo di reazioni sta diventando davvero allarmante e diffuso, portando molti italiani a chiedersi quale sia la causa di tutta quest’aggressività che i nostri giovani covano profondamente, come visibile anche dal video dell’ultimo episodio simile, accaduto proprio ieri a Pavia. La risposta, secondo l’analisi del professor Zecchi, sta nella negligenza dei genitori nell’educazione dei figli, aspetto che, ormai, viene delegato ad un sistema scolastico sempre più assente nella vita dei propri studenti. La questione, però, va affrontata con maggiore importanza di quanto sembri, perché la società è arrivata a tollerare l’aggressività e la violenza che televisione e famiglie sono abituate a trasmettere alle nuove generazioni, perché considerate comportamenti normali e, anzi, da assumere usualmente. I ragazzi, dobbiamo rendercene conto, sono sempre più coinvolti nei vari contesti della realtà quotidiana e cominciano a sentirsene parte ad età sempre minori, fatto che rende ancora più allarmante il verificarsi di episodi di grave violenza tra ragazzini di appena 14-15 anni.

Tutto va ricondotto, secondo Zecchi e come egli stesso ha già anticipato nel suo testo sul ruolo dei padri (“Dopo l’infinito cosa c’è, papà?”), alla vera e propria caduta di questa figura genitoriale, definito dal professore: “Nel migliore dei casi, un valletto della mamma e, nel peggiore dei casi, totalmente assente“. Di fatto, se nell’ultimo secolo l’umanità ha lottato per la parità dei sessi e per lo sradicamento del pater familias dalla sua posizione di dominio assoluto sulla vita di tutti i componenti della famiglia, dall’altro si può dire che la società civile abbia raggiunto un estremo totalmente opposto a quello di partenza, per cui ci ritroviamo insoddisfatti ed incapaci di risanare una grave frattura nell’ideale di famiglia che attualmente offriamo in “dono” alle generazioni future. Quello in cui vigeva l’autorità del padre di famiglia, infatti, era un sistema per molti versi impari, ma stabile, mentre oggi le “leggi” della civile convivenza sono state trasformate nella “legge della giungla”, detto in modo semplicistico.

La profonda analisi del professor Zecchi evidenzia anche un altro predominante aspetto della società odierna: “I valori in cui credere ci sono, ma sono messi tutti sullo stesso piano. Si dovrebbero esaltare i diversi ruoli tra padre e madre, e invece li consideriamo la stessa cosa”, ribadisce, “bisognerebbe premiare di più la qualità nelle scuole e alzare gli stipendi dei professori per restituire loro dignità e autorità, ma anche in questo caso si va in una direzione opposta.” Anche la scuola, dunque, sarebbe troppo carica di una responsabilità che va diluita nei vari ambiti formativi del giovane, carenza che si evince anche nel tempestivo intervento dei genitori in favore dei figli, anche per minimi pretesti: “Credo che la scuola abbia un potere limitatissimo. I professori non hanno più alcuna autorità e non intervengono perché vengono contestati dagli stessi genitori”, conferma Zecchi, “un tempo, quello che diceva un insegnante era legge, oggi padri e madri difendono a spada tratta i figli, anche quando sbagliano, e danno addosso ai professori.” La soluzione, dunque, ci sarebbe, ma siamo noi a doverla trasmettere nel modo giusto ai nostri discendenti, in modo che essi possano ristabilire l’equilibrio perso col passare degli anni. La più grande crisi, alla luce di quanto appena analizzato nei tempi odierni, è nella mentalità delle nuove generazioni, non nell’economia.